Il 24 giugno il ministro Cingolani ha firmato i decreti per l’adozione della “Strategia nazionale per l’economia circolare” e l’approvazione del “Programma nazionale per la gestione dei rifiuti”.
I documenti, riforme previste dal Pnrr entro il primo semestre dell’anno, sono stati presentati ieri al ministero della Transizione ecologica (MiTE) dalla sottosegretaria Vannia GAVA: “Con i decreti ministeriali diamo rapida attuazione a due riforme strutturali previste dal Pnrr. Troppo spesso il tema dei rifiuti è stato trattato in modo ideologico e questo ha allontanato le soluzioni e aggravato i problemi: ora è il tempo del coraggio e della concretezza”.
La Strategia nazionale per l’economia circolare, spiega il MiTE in una nota, “è un documento programmatico all’interno del quale sono individuate le azioni, gli obiettivi e le misure che si intendono perseguire nella definizione delle politiche istituzionali volte ad assicurare un’effettiva transizione verso un’economia di tipo circolare”. 159 pagine zeppe di riferimenti legislativi nazionali ed europei, tante descrizioni di nozioni teoriche, di provvedimenti e progetti già in corso, di misure in agenda. Misure che – al di là del merito, che affronteremo – colpiscono per la data di attuazione: entro il 2035. Ovviamente si tratta del termine ultimo, ma abbiamo nostro malgrado imparato che un termine ultimo può non essere una data effettiva di adozione di un provvedimento. Quello che sappiamo, è che la transizione verso l’economia circolare non può restare nel limbo altri 13 anni.
I contenuti
Nel 2017 è stato pubblicato, dopo una consultazione pubblica, il documento “Verso un modello di economia circolare per l’Italia. Documento di inquadramento e di posizionamento strategico”, con l’obiettivo di fornire un panorama generale dell’economia circolare. Il MiTE ha aggiornato questo documento e lo ha sottoposto ad una consultazione pubblica (oltre 100 i contributi pervenuti), i cui risultati, garantisce il ministero, sono stati assunti nel testo pubblicato.
“Con la Strategia – spiega il ministero – si intende, in particolare, definire i nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, affinché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi rispetto alle materie prime vergini. A tal fine, la Strategia agisce sulla catena di acquisto dei materiali (Criteri Ambientali Minimi per gli acquisti verdi nella Pubblica Amministrazione), sui criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), sulla responsabilità estesa del produttore e sul ruolo del consumatore, sulla diffusione di pratiche di condivisione e di prodotto come servizio. La Strategia, inoltre, costituisce uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica e definisce una roadmap di azioni e di target misurabili da qui al 2035″.
Nuovi modelli di business: piattaforme digitali, reti d’impresa
L’economia circolare non è solo riciclo, è invece un cambiamento di paradigma che comporta per le imprese il sovvertimento dei modelli di business, come il passaggio, complici gli strumenti digitali, dell’acquisto di un prodotto alla fruizione di un servizio. “La sperimentazione dei nuovi modelli di business nell’era digitale deve promuovere la trasformazione della produzione in servitizzazione”, leggiamo nella Strategia per l’economia circolare. “Sempre in un’ottica di cambiamento economico, anche il recupero, la manutenzione e la riparabilità dei manufatti richiedono nuovi modelli di business, ma anche nuove competenze e figure professionali. È, quindi, essenziale che anche il sistema di formazione e di educazione sia coinvolto nel processo”.
Tra i cambiamenti in corso nei modelli di business, anche la simbiosi industriale, che ridefinisce in termini circolari le catene di fornitura. Simbiosi industriale, riciclo e riuso di materia possono avvantaggiarsi di strumenti per l’incontro tra domanda e offerta di materie prime seconde o di sottoprodotti. Un’operazione per la quale, sottolinea il MiTe, “potrebbe essere utile un ampliamento della piattaforma dei sottoprodotti, già realizzata ma poco utilizzata dalle imprese: allargarne la portata alle materie prime seconde potrebbe aiutare i processi di simbiosi”.
Oltre alla piattaforme digitali, la Strategia indica che “dovranno essere incentivati (anche tramite adeguati strumenti finanziari e legislativi) contatti e rapporti trasversali stabili tra associazioni imprenditoriali e di categoria, consorzi di aziende ed enti di gestione, enti di controllo ed enti di ricerca (statali e non), sotto forma di gruppi di lavoro e/o osservatori per favorire le necessarie sinergie e interazioni tra i vari soggetti coinvolti, in modo da massimizzare l’effetto delle misure adottate”.
Uno degli strumenti utili a questo scopo indicati nella Strategia sono le reti d’impresa: “Il modello organizzativo della rete di imprese è compatibile con i principali business model dell’economia circolare, tra cui quelli che prevedono la condivisione di piattaforme, la servitizzazione di beni (di cui si è detto nel paragrafo precedente), le pratiche di sharing, l’allungamento della vita utile dei prodotti tramite repairing, re-manufacturing, co-design, ecc. In linea con i valori della circolarità, il modello della rete di imprese consente, dunque, di dare attuazione al principio di cooperazione tra tutti i soggetti del ciclo di vita di un bene e ai principi di responsabilità estesa del produttore e dell’EoW”. Per sostenere la diffusione delle reti di imprese, la Strategia propone di introdurre agevolazioni fiscali in favore delle imprese che aderiscono a contratti di rete per l’avvio di processi di economia circolare.
Responsabilità estesa del produttore e riforma dei consorzi
I sistemi EPR (Extended producer responsibility) sono uno degli strumenti organizzativi largamente impiegati per passare da un modello lineare ad uno circolare: “Sviluppare nuove forme di responsabilità estesa è una necessità e opportunità per il sistema Italia, soprattutto per quelle tipologie di prodotti non ancora soggette a EPR, e per le quali il nostro Paese è leader a livello mondiale per la qualità della manifattura e dei materiali impiegati”. In particolare vengono segnalate le plastiche: “Si rende necessario implementare i regimi di EPR oggi attualmente previsti nel settore degli imballaggi e nella gestione dei beni a base di polietilene, riformando il sistema complessivo ai fini del raggiungimento degli obiettivi dell’UE. I sistemi EPR del settore dovranno evolversi verso la piena responsabilizzazione degli operatori economici al raggiungimento degli obiettivi comunitari, non solo in relazione ai quantitativi di rifiuti intercettati ed effettivamente avviati a riciclo, ma anche in relazione agli ulteriori target di prevenzione, riutilizzo, riparazione per il riutilizzo e contenuto di materiale riciclato”. E il tessile: “È prioritaria l’introduzione in tale strategica filiera di una disciplina che dettagli le modalità di prevenzione, riutilizzo, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti tessili. Rendere operativa la responsabilità estesa del produttore in tale settore implica anche il potenziamento delle reti impiantistiche destinate al trattamento e alla valorizzazione di tali rifiuti. […] È prioritaria anche l’introduzione di una disciplina end of waste”.
Oltre a queste specifiche filiere, la Strategia prevede un tagliando al sistema dei consorzi nel suo complesso: “Dovrà essere introdotta una riforma complessiva del sistema di EPR e dei Consorzi, prevedendo misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti e dei loro componenti”.
La revisione annunciata prevede anche la nascita di un Organismo di Vigilanza “che, sotto la presidenza del MiTE, avrà l’obiettivo di monitorare il funzionamento dei Consorzi e dei Sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, in modo da renderne l’operato più efficiente ed efficace in termini di raggiungimento degli obiettivi e di utilizzo delle risorse”.
Il ruolo dei consumatori
Al ruolo attivo dei consumatori nella transizione verso l’economia circolare è dedicato un capitolo della Strategia. “Lo sviluppo dell’economia circolare – leggiamo – deve riguardare tanto il miglioramento dell’efficienza nelle produzioni, quanto il cambiamento dei modelli di consumo. È, quindi, necessario intervenire sulle tipologie e modalità di consumo e sui comportamenti dei consumatori”.
Se il primo anello per un’azione efficace è la conoscenza, il MiTE prevede lo svolgimento di analisi mirate a comprendere meglio quanto e come i consumatori sono disposti a prediligere prodotti “eco- sostenibili”. E l’elaborazione di un “Piano nazionale di educazione e comunicazione ambientale che, partendo dalle scuole dell’obbligo fino ad arrivare alle famiglie, contribuisca a formare una generazione di cittadini critici, consapevoli e informati in grado di decidere consapevolmente e incidere con le loro scelte sui vari meccanismi economico-produttivi e sociali del paese”. Oltre all’educazione, per permettere che il consumatore possa arrivare ad una scelta consapevole, è necessario garantire una corretta informazione, soprattutto per:
- combattere la pubblicità ingannevole;
- promuovere la conoscenza e l’uso dei marchi riconosciuti (ed esempi Ecolabel, ndr), sia per quanto riguarda gli aspetti ambientali che per quanto riguarda gli aspetti sociali;
incentivare, anche fiscalmente, le attività di riparazione e quelle che mettono in condivisione prodotti e servizi.
I prossimi CAM
I criteri ambientali minimi (CAM) e il GPP (Green public procurement) “costituiscono uno degli strumenti principali per lo sviluppo di vere e proprie filiere circolari e per lo stimolo del mercato dei materiali riciclati”. Oltre ad elencare i provvedimenti già emanati, il MiTE segnala che “i settori strategici sui quali è prioritario intervenire nella definizione/aggiornamento dei prossimi CAM sono: Infrastrutture; edilizia; tessile; plastica; RAEE”. Il documento prevede l’introduzione di un sistema di vigilanza, affinché i CAM vengano effettivamente integrati nei bandi pubblici; e l’istituzione di un osservatorio con il compito di “monitorare la spesa effettuata attraverso i CAM e i benefici ambientali ottenuti”.
La prevenzione dei rifiuti
La gerarchia europea dei rifiuti privilegia le iniziative che riducono la produzione di rifiuti. La Strategia per l’Economia circolare cita, tra le misure essenziali, l’ecodesign. Il MiTe si impegna a pubblicare, entro il 2035, “specifiche vincolanti di progettazione eco-compatibile”.
Viene poi ricordato il riutilizzo e il diritto al alla riparazione, con una breve panoramica sulla filiera: “Le realtà esistenti si situano prevalentemente nell’ambito del no profit e riguardano principalmente attività d’intermediazione conto terzi, obiettivamente insufficienti rispetto all’ampiezza della questione, non essendo in grado di assorbire adeguatamente gran parte della potenziale offerta ed optando principalmente per beni con più alta redditività”. Una recente indagine condotta da ISPRA ha messo in luce come soltanto nel 24% dei Comuni siano presenti mercatini dell’usato, punti di scambio e/o centri per il riuso e che i Comuni dotati di centri di raccolta adeguatamente strutturati costituiscano solo il 3,1% del campione considerato. Per sostenere più efficaci azioni di prevenzione, allora, “occorrerà anche adottare misure atte a favorire il riuso dei prodotti e la riparazione per il riutilizzo dei medesimi”. Come? Sviluppando “una rete strutturata e diffusa di Centri per il Riuso comunali, definendo anche un modello funzionale, organizzativo e gestionale comune e condiviso”.
Dopo aver ricordato gli investimenti del PNRR per il riutilizzo, la Strategia per l’economia circolare afferma che fondamentale, al riguardo, sarà “l’adozione del regolamento ex articolo 214-ter, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006 che disciplinerà le modalità operative attraverso le quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento” (le norme sulla preparazione al riutilizzo che il settore attende dal più di un decennio). Nel regolamento, specifica il MiTE, sarà dedicata una apposita sezione ai RAEE (in particolare, nodo della questione è “l’aggiornamento dei prodotti ai requisiti tecnici minimi da garantire per rendere il prodotto riparato conforme alle disposizioni europee”).
Tra la azioni previste, anche questa entro il 2035, l’introduzione di “incentivi in favore di chi promuova comportamenti individuali tesi alla riduzione dei rifiuti, ivi compresi i consumatori”.